Dolore tibiale: da cosa è dato e come evitare che peggiori

Con questo articolo andremo a guardare più nel dettaglio un problema che affligge molti runners professionisti e non, analizzando cause, sintomi e soluzioni per il fastidioso problema del dolore tibiale.

L’estate è arrivata, e con essa vanno a moltiplicarsi le occasioni per fare sport all’aperto: che siate professionisti o amatori, probabilmente, se avete intensificato (o iniziato) gli allenamenti potreste aver percepito del dolore nella parte interna della gamba, in corrispondenza della tibia.
Questo dolore prende il nome di “Shin splint” o “Sindrome da stress tibiale mediale” ed altro non è che un’infiammazione del periostio (la membrana che avvolge ogni nostro osso) sottostante all’origine della muscolatura tibiale.

 

 

Il dolore dato da questa sindrome solitamente si manifesta a inizio allenamento, accentuato dagli impatti a terra del piede, diminuisce nella fase centrale dello stesso per poi aumentare nuovamente nel defaticamento ed eventualmente nelle ore seguenti.
Solitamente colpisce entrambe le gambe e si può associare ad un lieve edema locale, dolente alla palpazione.

Ma da cosa è dato questo fastidio?
Le cause possono essere molteplici, principalmente:

  • piede piatto;
  • superficie di corsa troppo rigida (ad esempio asfalto) o irregolare;
  • calzature consumate o non idonee;
  • allenamento eccessivo come intensità e frequenza;
  • sovrappeso;

Come si tratta una sindrome da stress tibiale mediale?
Il vostro terapista ha molti modi per aiutarvi a guarire, fra cui applicazioni di ghiaccio, stretching, esercizi di rinforzo per la parte di muscolatura più debole della gamba, nonché programmare insieme un ritorno graduale all’attività.

 

 

Una volta iniziato il trattamento il dolore solitamente diminuisce in un lasso di tempo compreso fra le 2 settimane ed i 6 mesi, in base a quanto tempo è trascorso fra la comparsa dei primi sintomi e l’inizio della terapia, per questo è importante richiedere un consulto precocemente, in quanto eccessive attese possono portare anche ad ulteriori spiacevoli conseguenze, come fratture da stress.

Come non farsi spaventare dai risultati dei propri esami

RX, TC e Risonanze Magnetiche possono dare risultati inattesi e spesso preoccupanti: vediamo insieme di cosa c’è da avere paura e di cosa no. Di seguito una piccola guida – un how to – su come non farsi prendere dal panico e spaventare dai nostri esami.

Procedure di imaging come RX, TC, MR (risonanza magnetica) sono molto importanti per identificare condizioni patologiche come fratture, lesioni spinali, lussazioni etc. Tuttavia, spesso, ai risultati “clinicamente interessanti” si accompagnano numerosi risultati minori che non sono di alcun aiuto nello spiegare il sintomo che percepite. Non solo gran parte dei risultati di un esame diagnostico non sono affatto di aiuto, ma alcuni studi sostengono che questi possano essere addirittura dannosi da un punto di vista psicologico, creando inutili preoccupazioni, soprattutto quando compaiono parole come artrosi, degenerazioni discali, protrusioni discali (bulging), lesioni tendinee etc. 1,2,3

Di seguito vi elenchiamo i principali esiti di cui è bene essere a conoscenza per evitare preoccupazioni inutili.

 

 

Tratto cervicale:

Uno studio ha selezionato adulti ed anziani sani ed ha eseguito una risonanza magnetica su di loro, riscontrando che il 98% degli uomini e delle donne mostrava evidenze di “alterazioni degenerative” nei dischi del tratto cervicale.4
Un altro studio durato 10 anni ha comparato le risonanze magnetiche di persone sane con quelle di vittime di colpi di frusta. Sia nell’immediato che a 10 anni di distanza, entrambi i gruppi mostravano risultati simili, con 3/4 dei partecipanti che presentavano protrusioni discali.5

Conclusioni: Visto che la stragrande maggioranza degli adulti sani presenta degenerazioni cervicali (artrosi) e protrusioni discali, ciò significa che si tratta di normali processi di invecchiamento. Quindi, artrosi cervicale e protrusioni discali lievi/moderate non possono essere una spiegazione ragionevole del vostro dolore al collo, altrimenti il 98% delle persone dovrebbe soffrirne.

Tratto toracico:

Studi in risonanza magnetica di adulti sani senza alcuna storia di dolore dorsale o lombare hanno riscontrato come il 47% di loro soffrisse di degenerazione discale, il 53% di protrusioni discali ed il 58% mostrasse segni di lesioni discali nel tratto toracico. Cosa straordinaria, il 29% di questi adulti sani presentava una protrusione discale tale da deformarsi e premere contro il midollo spinale ma nessuno di loro ne era a conoscenza.6-7

Conclusioni:
Niente paura se i raggi o la risonanza magnetica che avete fatto mostrano “problemi” con i vostri dischi; possono essere semplicemente risultati comuni e normali,

 

 

Tratto Lombare:

Alcuni studi hanno mostrato come una degenerazione lombare discale sia presente nel 40% degli individui al di sotto dei 30 anni e nel 90% di quelli fra i 50 ed i 55 anni.8
Un altro studio ha mostrato che, fra i giovani adulti sani di età compresa fra i 20 ed i 22 anni senza dolore alla schiena, il 48% di loro aveva almeno un disco degenerato ed il 25% una protrusione discale.9

I medici a capo del dipartimento di neurochirurgia dell’università della California si sono schierati fortemente CONTRO l’uso di routine della risonanza magnetica nei casi di lombalgia, in quanto non hanno trovato ALCUNA CORRELAZIONE fra i cambiamenti degenerativi visti in RX o in risonanza magnetica e la lombalgia.10

Conclusioni:
Se i vostri raggi o la vostra risonanza mostrano “problemi” con i vostri dischi non dovete assolutamente preoccuparvi, possono essere normali cambiamenti che avvengono a partire dai 20 anni di età.

Anca:

Una revisione della letteratura scientifica ha individuato come vi sia solo una debole correlazione tra riduzione dello spazio articolare rilevato ai raggi X ed eventuali sintomi.11
Un altro studio infatti ha poi dimostrato come il 77% dei giocatori di hockey sani e senza alcun dolore presentassero in risonanza magnetica anomalie all’anca o al pube.12

Conclusioni:
Nessun panico se i vostri raggi o la vostra risonanza alle anche mostrano lesioni cartilaginee o diminuzione dello spazio; non è un segno di dolore o disabilità permanente.

Ginocchio:
Alcune ricerche hanno dimostrato come, se studiati ai raggi X, fino all’85% degli adulti senza alcun dolore al ginocchio avesse segni di artrosi. Questo significa che vi è una minima correlazione fra il grado di artrosi visto ai raggi ed il reale dolore.13
Un altro studio infatti ha mostrato come il 48% dei giocatori di basket in salute avessero delle “lesioni” ai menischi in RM.14

Conclusioni:
Nessuna paura se i vostri raggi o la vostra risonanza alle ginocchia mostrano segni di degenerazione, artrosi o lievi lesioni cartilaginee: sono segni assolutamente normali.

Caviglia:
Sebbene vi sia una correlazione tra fascite plantare e sperone calcaneare (o spina calcaneare), è altrettanto noto come il 32% delle persone senza dolore al piede o al tallone presenti uno sperone calcaneare visibile in RX.15

Conclusioni:
Un terzo della popolazione presenta una spina calcaneare ma non ha alcun dolore.

Spalla:
Studi tramite risonanza magnetica in adulti senza alcun dolore alla spalla hanno mostrato come il 20% di essi presentasse una lesione parziale della cuffia dei rotatori, mentre il 15% una lesione completa. In aggiunta, studiando persone dai 60 anni in su che non presentavano alcun dolore alle spalle né alcuna pregressa lesione, metà di loro (sì, il 50%) mostrava in RM una lesione della cuffia dei rotatori di cui non era assolutamente a conoscenza.16

Uno studio sui lanciatori professionisti nel baseball ha mostrato come, nonostante il 40% di loro mostrasse una lesione parziale o completa della cuffia dei rotatori, non avessero alcun dolore mentre giocavano e come, addirittura, rimanessero privi di dolore anche 5 anni dopo lo studio.17

Conclusioni:
Non preoccupatevi se l’ecografia alla vostra spalla (o la risonanza) mostrano una lesione alla cuffia dei rotatori; questa non è necessariamente associata a dolore.

 

 

Credits: APTEI (Advanced Physical Therapy Institute)

1 Kendrick D. et al. The role of radiography in primary care patients with low back pain of at least 6 weeks duration: a randomised (unblinded) controlled trial.
Health Technol Assess. 2001;5(30):1-69.
2 Ash LM et al., Effects of diagnostic information, per se, on patient outcomes in acute radiculopathy and low back pain. AJNR Am J Neuroradiol. 2008 Jun;29(6):1098-103
3 Modic MT et al., Acute Low Back Pain and Radiculopathy: MR Imaging Findings and Their Prognostic Role and Effect on Outcome Radiology. 2005 Nov;237(2):597-60
4 Okada E. et al., Disc degeneration of cervical spine on MRI in patients with lumbar disc herniation: comparison study with asymptomatic volunteers Eur Spine J. 2011 Apr; 20(4): 585–591
5 Matsumoto M et al., Prospective ten-year follow-up study comparing patients with whiplash-associated disorders and asymptomatic subjects using magnetic resonance imaging. Spine (Phila Pa 1976). 2010 Aug 15;35(18):1684-90
6 Matsumoto M et al., Age-related changes of thoracic and cervical intervertebral discs in asymptomatic subjects. Spine (Phila Pa 1976). 2010 Jun 15;35(14):1359-64
7 Wood KB et al., Magnetic resonance imaging of the thoracic spine. Evaluation of asymptomatic individuals. J Bone Joint Surg Am. 1995 Nov;77(11):1631-8
8 Cheung KM et al., Prevalence and pattern of lumbar magnetic resonance imaging changes in a population study of one thousand forty-three individuals Spine (Phila Pa 1976). 2009 Apr 20;34(9):934-40
9 Takatalo J. et al., Prevalence of degenerative imaging findings in lumbar magnetic resonance imaging among young adults. Spine (Phila Pa 1976). 2009 Jul 15;34(16):1716-21
10 Chou D et al., Degenerative magnetic resonance imaging changes in patients with chronic low back pain: a systematic review Spine (Phila Pa 1976). 2011 Oct 1;36(21 Suppl):S43-53
11 Chu Miow Lin D et al., Validity and responsiveness of radiographic joint space width metric measurement in hip osteoarthritis: a systematic review Osteoarthritis Cartilage. 2011 May;19(5):543-9
12 Silvis ML et al., High prevalence of pelvic and hip magnetic resonance imaging findings in asymptomatic collegiate and professional hockey players
Am J Sports Med. 2011 Apr;39(4):715-21
13 Bedson J et al., The discordance between clinical and radiographic knee osteoarthritis: a systematic search and summary of the literature BMC Musculoskelet Disord. 2008 Sep 2;9:116
14 Kaplan LD et al., Magnetic resonance imaging of the knee in asymptomatic professional basketball players. Arthroscopy. 2005 May;21(5):557-61
15 Johal KS et al., Plantar fasciitis and the calcaneal spur: Fact or fiction? Foot Ankle Surg. 2012 Mar;18(1):39-41
16 Sher JS et al., Abnormal findings on magnetic resonance images of asymptomatic shoulders. J Bone Joint Surg Am. 1995 Jan;77(1):10-5
17 Connor PM et al., Magnetic resonance imaging of the asymptomatic shoulder of overhead athletes: a 5-year follow-up study Am J Sports Med. 2003 Sep-Oct;31(5):724-7

Tre suggerimenti per gestire al meglio la cefalea

Tutti noi abbiamo sofferto, almeno una volta nella vita, di mal di testa o cefalea. Si tratta di una tipologia di dolore molto diffusa ma se però comincia ad interferire troppo spesso con le vostre giornate è il caso di prendere qualche provvedimento.

Esistono molti tipi diversi di cefalee, ma tutti hanno una cosa in comune: il potere di trasformare le vostre giornate migliori in incubi.

All’interno di questo nostro nuovo articolo affronteremo una delle cefalee più comuni, diffuse e fastidiose: la cefalea cervicogenica.

Innanzitutto: come riconoscerla?

Questo tipo di cefalea causa un dolore che tende a distribuirsi principalmente alla base della testa e intorno all’occhio, e peggiora con i movimenti del collo e che si associa a dolore alla palpazione della regione cervicale.

Purtroppo questo disturbo è molto frequentemente causato dalle attività lavorative: passare molte ore seduti alla scrivania, con poche pause e magari in un contesto stressante, può facilmente determinarne l’insorgenza.

Talvolta invece questa sintomatologia esordisce in seguito a traumi, e qua la fanno da padroni i colpi di frusta: siano essi dovuti ad incidenti stradali, come un banale tamponamento, o a traumi sportivi.

Ma ora che abbiamo imparato a conoscerlo meglio, cosa dobbiamo fare per alleviarne i sintomi?

Ecco alcuni suggerimenti che dovrebbero essere in grado di mitigarli nella stragrande maggioranza dei casi:

  • Automassaggio: uno dei gruppi muscolari solitamente più coinvolti nella cefalea cervicogenica è quello dei suboccipitali. Per trattarli, posizionate le mani aperte con i palmi adagiati lateralmente sulla testa, e con i pollici andate a cercare due minuscole protuberanze ossee che si trovano all’incirca sulla linea che unisce l’attaccatura delle vostre orecchie, quindi portatevi subito al di sotto: da questa posizione dovreste sentire sotto ai vostri pollici dei fasci abbastanza dolenti, se premuti. Massaggiateli mantenendo una pressione costante per circa una quindicina di secondi, rilasciate e ripetete 3-4 volte.

 

 

  • Retropulsioni: talvolta questa cefalea è una conseguenza indiretta di una debolezza dei muscoli anteriori del collo. Per rinforzarli, posizionatevi in piedi con le spalle e la testa appoggiati ad un muro e spingete con il mento indietro, come se voleste raddrizzare la vostra curvatura cervicale. Eseguite 15 movimenti per 4-5 volte, mantenendo per qualche secondo la posizione ottenuta.

 

 

  • Stretching: un altro modo per combattere il dolore è allungare i muscoli che lo causano. Posizionatevi seduti su una sedia, con la schiena ben dritta; con una mano afferrate la seduta o una delle gambe della sedia. Spingete la spalla bene in basso ed inclinatevi dal lato opposto sia con la testa che con la schiena. Se state eseguendo correttamente, dovreste sentire della tensione nella regione laterale del collo. Mantenete la posizione per 45” circa, ripetete questa operazione per 3-5 volte.

 

 

Già inserendo questa routine nella vostra giornata dovreste essere in grado di ridurre notevolmente sia il numero degli episodi di cefalea che la loro intensità del dolore; se ciò non fosse, o se per voi non fosse sufficiente, rivolgetevi al vostro terapista per avere informazioni più dettagliate e soluzioni ad hoc per il vostro caso.

 

Preso un brutto colpo di frusta? Ecco cosa fare

Negli ultimi anni i colpi di frusta sono diventati estremamente frequenti, anche a causa del sempre maggior tempo trascorso in auto. Vediamo cosa è di preciso e cosa possiamo fare per alleviarne i sintomi.

Cosa è un colpo di frusta? Molto spesso ignoriamo perfino cosa sia di preciso finchè non lo sperimentiamo sulla nostra pelle. Le cause possono essere innumerevoli: un incidente stradale, un trauma sportivo o un semplice scivolone, ma quello che tutte hanno in comune è il dolore e le difficoltà che esso causa e che difficilmente si dimenticano.

Quando si parla di colpo di frusta, facciamo riferimento ad un trauma che causa un brusco movimento della colonna cervicale; ciò può avvenire durante un incidente stradale, in un placcaggio durante una partita di rugby, ma anche con il semplice contraccolpo che si crea nello scendere le scale quando manchiamo uno scalino con il piede.

 

Colpo di frusta collo

colpo di frusta mal di collo

 

 

I sintomi più frequenti sono dolore localizzato e sensazioni come formicolio, caldo o freddo, o alterata sensibilità alle braccia o alle gambe; la severità di queste manifestazioni solitamente non è direttamente collegata all’entità del trauma, in quanto spesso subentrano numerose altre variabili, quali ad esempio:

  • problematiche pregresse al tratto cervicale:

se il vostro collo già vi stava mandando segnali di sofferenza prima del trauma, probabilmente quest’ultimo potrà avere esiti peggiori.

  • consapevolezza o meno del trauma in arrivo:

riuscire a vedere la macchina in arrivo prima che vi urti o accorgersi in anticipo del trauma imminente consente al corpo di prepararsi rapidamente ad assorbire e dissipare l’energia con le strutture muscolari, contraendole, evitando (o attenuando) così lo stress sui legamenti.

  • grado di attività fisica:

come nella stragrande maggioranza dei casi, avere un corpo allenato e reattivo consente di rispondere meglio al trauma, grazie ad un più efficiente scarico delle forze e ad una migliore elasticità muscolare.

Ma quando ormai il trauma è avvenuto, cosa potete fare per attenuarne i sintomi?

  • Fate degli impacchi caldi:

il caldo infatti aiuta la muscolatura a rilasciarsi, diminuendo così il dolore e lo spasmo muscolare.

 

Colpo di frusta torsione

 

  • Mantenetevi attivi:

sicuramente state provando molto dolore, e la cosa che vi verrebbe più naturale fare sarebbe distendervi sul divano e riposarvi finché questo dolore non cesserà. Questa non è la soluzione migliore: numerosi studi hanno dimostrato come, soprattutto nel primo periodo dopo il trauma, sia essenziale continuare a mantenere un minimo di attività. Il riposo e l’immobilità tendono a prolungare la permanenza del dolore: sforzatevi quindi di muovere il collo nelle vostre attività quotidiane, anche solo nei pochissimi gradi liberi che avete.

Automobilizzazioni:

se muoversi aiuta, allungare i muscoli che vi causano dolore è indispensabile per recuperare rapidamente:

  • mantenendo lo sguardo fisso davanti a voi, inclinate la testa lateralmente finché vi è possibile
  • appoggiate la mano sulla nuca dalla parte opposta alla direzione in cui state inclinando ed aiutatevi a scendere ulteriormente

 

colpo di frusta soluzioni

 

  • mantenete la posizione per 30” circa, ritornate lentamente centrali e ripetete dall’altro lato per un totale di 3-5 volte.

È normale che sentiate un po’ di dolore durante l’esecuzione, così come talvolta lievi formicoli alle mani; se però questi sintomi fossero eccessivi, interrompete l‘attività e riprovate solo successivamente.

È stato visto come traumi anche banali possano continuare a creare limitazioni e dolore anche a distanza di molti anni: per questo motivo è sempre bene, dopo un evento del genere, farsi controllare dal proprio terapista, in modo tale da essere indirizzati verso l’iter più corretto per voi.

Cosa Fare per combattere la sindrome del tunnel carpale

Avvertite fastidio, formicolio, dolore al polso e alla mano la notte oppure dopo ore di lavoro al computer? Non è un buon segno ma se seguirete questi semplici passi eviterete che si trasformi in un problema più grave.

La sindrome del tunnel carpale è una condizione che interessa il nervo mediano e causa dolore alla mano, formicolii e riduzione della sensibilità principalmente su pollice, indice, medio e parzialmente sull’anulare. Questo tunnel, formato dalle ossa del polso e ricoperto dal legamento traverso del carpo, ospita, oltre a vasi e tendini, il passaggio del nervo mediano, che controlla le dita elencate sopra.

 

 

Talvolta attività ripetitive come scrivere su una tastiera, utilizzare strumentazione che vibra (come un martello pneumatico) o anche solo l’utilizzo prolungato del telefono possono causare un restringimento di questo passaggio, che compromette la capacità del nervo di inviare informazioni alla mano.

Molte delle attività che sono la causa dell’insorgenza del tunnel carpale sono spesso azioni che vengono compiute quotidianamente, quindi è difficile, se non impossibile, sospenderle. È meglio giocare d’anticipo e prevenire il loro manifestarsi e combattere i primi sintomi appena questi compaiono.

Ecco alcuni consigli per evitare l’insorgere della sindrome del tunnel carpale:

  • Evitate tutte quelle attività che portano il polso a “fine corsa” di flessione o di estensione. Queste posizioni di solito aggravano la sintomatologia, in quanto aumentano la pressione all’interno del tunnel e dovrebbero essere evitate, là dove possibile.
  • Proprio come i muscoli anche i nervi necessitano di manutenzione. Fare stretching e mobilizzare il nervo mediano è un modo eccellente per mantenerlo libero di muoversi senza restrizioni.

 

 

Automobilizzazioni:

  • Alzate il braccio lateralmente portando la mano all’altezza della spalla e mantenendo il gomito disteso.
  • Flettete il polso verso il basso e, contemporaneamente, ruotate la testa dalla parte opposta e piegala in avanti
  • Mantenete la posizione per 3-4 secondi
  • Piegate il gomito e portate la mano a toccare la spalla mentre, contemporaneamente, ruotate la testa verso la mano, come a guardarla
  • Ripetete 5-6 volte
  • Posizionate entrambe le braccia distese davanti a voi, con il palmo rivolto verso il basso.
  • Estendete entrambi i polsi e le dita senza piegare i gomiti.
  • Lentamente spingete in avanti come se voleste allontanare le mani il più possibile
  • Interrompete le attività ripetitive; purtroppo queste, che spesso coinvolgono la scrittura o la prensione, possono diventare la vostra spina nel fianco: cercate di concedervi delle brevi pause
  • Chiedete aiuto ad un professionista. La terapia manuale si è dimostrata molto efficace nel ridurre gli effetti della sindrome del tunnel carpale: spesso i nervi possono rimanere compressi dalla muscolatura del collo o da quella del braccio. Cercare di rilasciare il nervo dalle limitazioni è un ottimo modo per assicurarsi che stia scorrendo nel migliore dei modi.

 

 

La sindrome del tunnel carpale si può prevenire cercando di ridurre al minimo possibile i gesti, spesso quotidiani, che stanno alla base della sua insorgenza. Gli esercizi che abbiamo indicato in questo articolo vi aiuteranno, nel momento in cui “scoprirete” di essere vittime di questo comune fastidio, ad alleviare il dolore e tornare ad una condizione di normalità. Se tuttavia il colore dovesse persistere vi potete mettere in contatto con noi, oppure passare a trovarci nel nostro centro vicino a Lugano.