L’abbigliamento compressivo funziona veramente?

Indossare abbigliamento compressivo può migliorare effettivamente la performance ed il recupero, o è solo una questione mentale? Questa è la domanda che è stata rivolta agli esperti.

Tutti gli atleti, dall’olimpionico al guerriero del fine settimana, hanno due obiettivi in comune: rendere il massimo possibile ed evitare infortuni.

L’abbigliamento compressivo si presenta con determinate caratteristiche: la capacità di migliorare la performance, accelerare il recupero dopo l’attività e diminuire il rischio di infortuni. Ma quanto di tutto questo corrisponde a verità?

Per scoprirlo vediamo quale è il parere autorevole di tre esperti del settore: James Broatch, dell’Australian Institute for Sport, attualmente portavoce di un brand di equipaggiamenti compressivi, Roger Kelly, fisioterapista e professore associato in fisioterapia e scienze riabilitative all’università di Nottingham, ed Ed Kerry, allenatore di corridori e atleta di endurance che sta al momento tentando di coprire 1000 miglia in 22 giorni correndo fra le quattro capitali inglesi, oltre che a Nick Harris-Fry, allenatore, blogger ed estraneo al mondo degli indumenti compressivi.

 

 

James Broatch: Australian Institute for sport ed esaminatore di indumenti compressivi

Sì, funziona. La compressione è tradizionalmente utilizzata in medicina per il trattamento di numerose problematiche circolatorie, fra cui linfedema (gonfiore solitamente di braccia o gambe), embolia polmonare (blocco di un’arteria nei polmoni) e trombosi venosa profonda. Recenti ricerche hanno anche riportato come la compressione sia efficace nel migliorare la performance muscolare ed il recupero.

Per esempio, una ricerca indipendente condotta dall’Australian Institute of Sport insieme ad altre istituzioni ha mostrato come gli indumenti compressivi migliorino la performance nella corsa e nella bici, diminuendo la quantità di acido lattico e migliorando l’economia della corsa.

In più, la compressione è stata riportata come migliorativa di numerosi aspetti del recupero post esercizio – fra cui il recupero della forza e della potenza muscolare – e capace di ridurre lo stato infiammatorio provocato dal danneggiamento del tessuto.

Sebbene il meccanismo preciso ancora non sia ben noto, si pensa che questi benefici siano associati alla migliore circolazione, alla migliore percezione del proprio corpo, alla ridotta vibrazione dei muscoli, così come al ridotto edema locale e al minore dolore post allenamento.

 

Fisioterapia e riabilitazione Fisiomedticino

 

Roger Kerry: professore associato, divisione di fisioterapia e scienze riabilitative presso l’Università di Nottingham

Alcune evidenze scientifiche supportano una percepita riduzione del fastidio post allenamento ed una ridotta diminuzione del tempo di recupero con l’uso di calze compressive durante l’attività e nelle 24 ore seguenti. Tuttavia le attuali evidenze stentano ancora a supportare l’idea che migliorino la performance o riducano la probabilità di infortuni.

Ogni effetto terapeutico è probabilmente dato da fattori psicologici, piuttosto che fisiologici.

Alcuni brand propongono calze compressive a pressione variata: più strette sulla caviglia e più larghe sotto al ginocchio o all’anca, così che il sangue sia facilitato nel risalire verso l’alto. Tuttavia alcuni studi hanno dimostrato che ogni effetto compressivo si va a perdere dopo cinque minuti di esercizio e che gli effetti, paragonati a calzature non compressive, sono gli stessi.

La migliore spiegazione per tutto questo risiede nel fatto che, probabilmente, gli effetti dipendono più da un effetto placebo che dal diverso gradiente compressivo. Sotto molti aspetti questo va comunque bene: fintanto che vengono percepiti dei benefici, il meccanismo che li genera non è più così importante.

Come avviene per molti altri oggetti progettati e venduti per migliorare la performance fisica, non vi è alcun danno nell’usarli, quindi provarli può assolutamente valerne la pena, sempre considerando il rapporto con il prezzo dell’oggetto stesso.

Soprattutto, non bisogna dimenticare che il provare nuovi oggetti non deve far perdere il senso di ciò che è veramente importante per prevenire infortuni e migliorare la performance in un atleta, ovvero un allenamento adeguato ed un sufficiente tempo di recupero.

 

Ed Kerry: allenatore di runner

Come ultramaratoneta e allenatore di corridori, spesso mi viene chiesto se l’abbigliamento compressivo funzioni realmente; solitamente scompongo la domanda in due punti: allenamento e recupero.

Per quanto riguarda la corsa sono stati eseguiti studi che hanno mostrato un lieve miglioramento nella soglia aerobica e nella quantità massima di ossigeno utilizzabile nei corridori. Secondo me, tuttavia, questo miglioramento non è tale da giustificare l’acquisto.

Personalmente, ho provato le calze e non ho notato alcun miglioramento massivo.

Riguardo al recupero, invece, sono molto più incline a consigliare un abbigliamento compressivo. Ho notato come questo aiuti il mio recupero consentendomi di aumentare la quantità di miglia corse il giorno seguente, presumibilmente grazie al migliorato afflusso sanguigno. Potrebbe anche essere solo parte dell’effetto placebo, ma personalmente mi sono sentito meglio e il giorno seguente mi sono allenato con maggior successo.

 

Nick Harris-Fry: Allenatore, blogger

Ho provato ad indossare abbigliamento compressivo sia durante la corsa che successivamente, per velocizzare il recupero. Sebbene non abbia notato grossi miglioramenti in termini di performance, ho deciso di continuare ad usarlo regolarmente dopo l’attività per accelerare il recupero.

Su di me ha funzionato molto bene in termini di recupero e, sebbene non possa escludere che sia colpa dell’effetto placebo, la percezione era quella che stesse attivamente “curando” le mie gambe. Non ho intenzione di ignorare qualcosa che mi aiuti a correre meglio, quindi, placebo o no, continuerò ad indossarlo dopo gli allenamenti.

 

Noi di Fisiomed Ticino vi consigliamo di provare personalmente per poter sperimentare, e capire, se è un approccio che fa per voi oppure no. Sebbene le evidenze scientifiche non supportino una reale efficacia ciò non significa che l’abbigliamento compressivo non abbia effetto: spesso l’esperienza empirica anticipa di molto le reali prove di efficacia.

 

Fonte: CoachMag.co.uk

Cosa Fare per combattere la sindrome del tunnel carpale

Avvertite fastidio, formicolio, dolore al polso e alla mano la notte oppure dopo ore di lavoro al computer? Non è un buon segno ma se seguirete questi semplici passi eviterete che si trasformi in un problema più grave.

La sindrome del tunnel carpale è una condizione che interessa il nervo mediano e causa dolore alla mano, formicolii e riduzione della sensibilità principalmente su pollice, indice, medio e parzialmente sull’anulare. Questo tunnel, formato dalle ossa del polso e ricoperto dal legamento traverso del carpo, ospita, oltre a vasi e tendini, il passaggio del nervo mediano, che controlla le dita elencate sopra.

 

 

Talvolta attività ripetitive come scrivere su una tastiera, utilizzare strumentazione che vibra (come un martello pneumatico) o anche solo l’utilizzo prolungato del telefono possono causare un restringimento di questo passaggio, che compromette la capacità del nervo di inviare informazioni alla mano.

Molte delle attività che sono la causa dell’insorgenza del tunnel carpale sono spesso azioni che vengono compiute quotidianamente, quindi è difficile, se non impossibile, sospenderle. È meglio giocare d’anticipo e prevenire il loro manifestarsi e combattere i primi sintomi appena questi compaiono.

Ecco alcuni consigli per evitare l’insorgere della sindrome del tunnel carpale:

  • Evitate tutte quelle attività che portano il polso a “fine corsa” di flessione o di estensione. Queste posizioni di solito aggravano la sintomatologia, in quanto aumentano la pressione all’interno del tunnel e dovrebbero essere evitate, là dove possibile.
  • Proprio come i muscoli anche i nervi necessitano di manutenzione. Fare stretching e mobilizzare il nervo mediano è un modo eccellente per mantenerlo libero di muoversi senza restrizioni.

 

 

Automobilizzazioni:

  • Alzate il braccio lateralmente portando la mano all’altezza della spalla e mantenendo il gomito disteso.
  • Flettete il polso verso il basso e, contemporaneamente, ruotate la testa dalla parte opposta e piegala in avanti
  • Mantenete la posizione per 3-4 secondi
  • Piegate il gomito e portate la mano a toccare la spalla mentre, contemporaneamente, ruotate la testa verso la mano, come a guardarla
  • Ripetete 5-6 volte
  • Posizionate entrambe le braccia distese davanti a voi, con il palmo rivolto verso il basso.
  • Estendete entrambi i polsi e le dita senza piegare i gomiti.
  • Lentamente spingete in avanti come se voleste allontanare le mani il più possibile
  • Interrompete le attività ripetitive; purtroppo queste, che spesso coinvolgono la scrittura o la prensione, possono diventare la vostra spina nel fianco: cercate di concedervi delle brevi pause
  • Chiedete aiuto ad un professionista. La terapia manuale si è dimostrata molto efficace nel ridurre gli effetti della sindrome del tunnel carpale: spesso i nervi possono rimanere compressi dalla muscolatura del collo o da quella del braccio. Cercare di rilasciare il nervo dalle limitazioni è un ottimo modo per assicurarsi che stia scorrendo nel migliore dei modi.

 

 

La sindrome del tunnel carpale si può prevenire cercando di ridurre al minimo possibile i gesti, spesso quotidiani, che stanno alla base della sua insorgenza. Gli esercizi che abbiamo indicato in questo articolo vi aiuteranno, nel momento in cui “scoprirete” di essere vittime di questo comune fastidio, ad alleviare il dolore e tornare ad una condizione di normalità. Se tuttavia il colore dovesse persistere vi potete mettere in contatto con noi, oppure passare a trovarci nel nostro centro vicino a Lugano.

Se senti dolore è il tuo corpo che cerca di dirti qualcosa, non ignorarlo!

Nel nostro lavoro di terapisti capita spesso di chiedere ai nostri pazienti perché hanno aspettato hanno aspettato così tanto prima di farsi visitare. Tuttavia è estremamente comune attendere che il dolore ci blocchi prima di cercare aiuto. Vediamo perché è meglio non aspettare così tanto.

Un errore comune consiste nel credere che il dolore sia il solo indicatore di qualcosa che non va nel nostro corpo, e che senza di esso l’intero nostro organismo funzioni alla perfezione. Sarebbe fantastico se ciò fosse vero, ma la realtà è invece molto differente.

Il problema di questa idea è il supporre che tutto sia o bianco o nero: che vi sia solamente uno stato di salute o di malattia, senza nessuna zona grigia fra i due.

 

 

Il nostro corpo vive e si muove in un continuum dove, fatta eccezione per i traumi (una distorsione di caviglia durante una camminata, uno strappo muscolare durante uno scatto solo per nominarne alcuni), vi è un grande spazio fra la presenza di dolore e la sua assenza: il nostro corpo è in grado di sopportare situazioni di funzionamento non ottimale per lungo tempo prima di cedere al fastidio e poi al dolore.

Provate ad immaginarla in questo modo: state camminando in montagna e notate che i vostri scarponi si sono usurati e che andrebbero risuolati. Decidete comunque di continuare la passeggiata e sulla via del ritorno, dopo svariate ore in giro fra boschi e rocce, notate come le suole siano ulteriormente peggiorate e vadano decisamente fatte sistemare. Arrivate a casa, le riponete nella scarpiera ed andate a dormire, sperando che magicamente al vostro risveglio siano tornate come erano al mattino, se non meglio. Le scarpe la mattina dopo non si saranno risuolate da sole e, se non fate niente per aggiustarle, le prossime volte le ritroverete nelle stesse condizioni. La medesima cosa accade, in linea di massima e nei limiti di questa metafora, al nostro corpo.

Dipende da voi quando, nel passaggio dal benessere al dolore, decidere di occuparvene; considerate sempre che, come spesso accade, più si aspetta ad intervenire maggiore sarà il danno.

 

 

Per questa ragione vi sono molti modi per capire se la vostra spalla o il vostro ginocchio sono in perfette condizioni o meno, pronti a sopportare qualunque attività, oppure se hanno già qualche problema, che si manifesterà ampiamente non appena li metterete sotto sforzo.

Una spalla bloccata dal dolore è una spalla che ha mandato dei segnali per un certo periodo di tempo, che spesso vengono semplicemente ignorati pensando che alcuni fastidi possano sparire spontaneamente. Purtroppo invece, come spesso accade, i problemi si accumulano, diventando più impegnativi da gestire, lasciandovi col pensiero: “se solo me ne fossi curato prima, quando ancora non era così grave”.

Quindi se avvertite un dolore sospetto di cui non conoscete l’origine evitate di trascinarvelo dietro per un lungo periodo di tempo, riparare un danno può essere semplice se questo viene preso in tempo, perché aspettare troppo significa ridurre le percentuali di successo di una pronta e rapida guarigione.